Io conservo, di Salvatore, un ricordo vecchio mezzo secolo e più. È il ricordo di un pomeriggio d’estate nel suo primo poverissimo atelier di paese, a Comiso, dove entrambi siamo nati. Su un tavolo s’ammucchiavano libri che sfogliai con mani bambine: un Viaggio in Spagna, illustrato dal Doré; un Paolo Uccello, un Piero della Francesca…doveva esserci una ragione se si trovavano lì…
In realtà siamo come il burattinaio, che agisce in maniera non coinvolta, con distacco ma senza esentarsi dall’agire e vivere in modo totale la scenografia che sta rappresentando, solo che.. non lo “sappiamo”!
Ci portiamo la Grecia in testa, soprattutto perché siamo figli di questa civiltà
Salvatore Settis
Per un siciliano poi non dev’esser così difficile, la geografia immaginale abita la Grecia “psichica”. Ce la portiamo dentro, nell’inconscio, fino a desiderarla, quasi come “nostalgia da casa”.
I critici contemporanei o gli stessi operatori turistici non hanno così torto quando vedono il ritorno alla Grecia come un regressivo “desiderio di morte”, come una fuga dai conflitti contemporanei nelle mitologie e nelle speculazioni di un mondo fantastico. Muore il molliccio chiacchiericcio di piazza, lasciando spazio alle emozioni.
Sappiamo bene che “guardar indietro” rende possibile andare avanti, perché il guardare indietro ravviva la fantasia dell’archetipo del fanciullo che è in noi, il quale è sia il momento dell’inerme debolezza sia il dischiudersi futuro.
photo Angelo Facchini
Il frate francescano che perdonò Re Federico IV
C’è il perdono di Dio e quello degli uomini, che quasi mai l’accordano.
Nella religione cattolica dopo la confessione al sacerdote dei propri peccati c’è l’assoluzione dalle proprie colpe e quando questi pronunzia la formula “Ego te absolvo a peccatis tuis in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen” ci si riconcilia con Dio attraverso la penitenza, che ripara offese, torti gravi e meno gravi e persino mortali.